Gigante, segnalato da gran parte della critica come uno dei nomi caldi per il 2018, è un progetto che nasce nell’inverno del 2016 da Ronny Gigante. Dopo l’esperienza come bassista dei Moustache Prawn (con due dischi all’attivo e numerosi live in Italia e all’estero) decide di dedicarsi alla composizione di “Himalaya”. Il sound del primo disco solista, uscito a febbraio, è un mix di folk e new wave, con sfumature post punk ed elettronica. È come se i “Beirut” e il loro ukulele avessero incontrato “Iosonouncane”, e da questo meeting ne fosse scaturito un disco cantautoriale che non suona come i classici dischi italiani. I testi, malinconici alla “Ken il Guerriero”, ma allo stesso tempo pieni di speranza, catapultano l’ascoltatore nell’ambiente immaginario di Gigante, ovvero un mondo freddo distrutto dalle guerre e dai disastri atmosferici dominato dalla legge del più forte e dallo spirito di sopravvivenza. Deserti innevati, fiumi, boschi, montagne, la necessità di unirsi in gruppo per riscaldarsi e andare avanti nella ricerca di qualcosa in cui credere per sopravvivere, sono questi gli elementi principali che creano il mondo onirico e allo stesso tempo reale, di Gigante.
Con Himalaya, scritto, arrangiato, registrato e prodotto da solo, hai creato un album non accademico ma ricercato. Un percorso controcorrente molto forte e coerente con il genere indipendente. Quali sono state le difficoltà maggiori durante la sua creazione?
Credo che la cosa più difficile nella creazione di Himalaya sia stata imbattermi nella scrittura di testi in italiano, avendo scritto sempre in lingua straniera è stato difficile ma solamente all’inizio, credo che come qualsiasi cosa, non appena ci prendi la mano diventa tutto più semplice. In generale posso dire in maniera tranquilla e felice che non ho avuto grosse difficoltà nel realizzarlo, grazie soprattutto all’aiuto dei miei amici.
La qualità che molte recensioni ti riconoscono è l’originalità di suoni e testi utilizzati in Himalaya, tratti distintivi rispetto al panorama indie di questo momento, un’impresa che non tutti riescono a compiere, rischiando di calcare la strada ormai spianata da Calcutta. Qual è la caratteristica che secondo te ti ha contraddistinto di più rispetto agli altri?
Penso che sia stato principalmente il mio modo di cantare, ovvero: prendere uno stile inglese come quello di Zach Condon, Tom Rosenthal, Morrisey ecc. e riadattarlo in lingua italiana, ma anche il fatto di aver mischiato strumenti folk con strumenti di musica elettronica. Per quanto riguarda i testi, mi rendo conto che mi discosto molto da ciò’ che solitamente si ascolta in radio oggi, ma è stata una scelta che ho fatto sin dall’inizio e sinceramente non so se sia un punto a favore o a sfavore del progetto.
Il brano “Tenebra” sembra faccia riferimento all’opera dello scrittore polacco-britannico Joseph Conrad, che narra le vicende del viaggio intrapreso dal narratore Charles Marlow per risalire il fiume Congo nel Libero Stato del Congo, al centro dell’Africa. Nella stesura dei testi degli altri brani di Himalaya ti sei ispirato utilizzando ulteriori riferimenti alla letteratura?
Mi affascina molto trasformare in canzone quello che ho letto, un po’ come faceva Francesco Di Giacomo, ad esempio in Moby DIck parla del famoso romanzo di Herman Melville . In questo disco mi sono ispirato principalmente a un libro di Piers Paul Read, “Tabù, la vera storia dei sopravvissuti della Ande” il quale parla di un incidente aereo avvenuto realmente sulle Ande, ma anche a “Lo strano caso del dottor Jekyll e del signor Hyde di Stevenson, a Cuore di tenebra ecc.. Non parlo molto della mia vita nei miei pezzi. Almeno in questo disco.
Sei già stato al MiAmi, cosa ti sei portato dietro da questa esperienza?
Al di là dell’esperienza che è stata fantastica, credo che il MiAmiORa e il MiAmiFestival sono state 2 date importanti per me, un trampolino di lancio verso il panorama indipendente odierno. Non smetterò mai di ringraziare i ragazzi del festival per aver creduto in me da subito.
Venerdì 27 Luglio
Ostello del Sole
San Cataldo di Lecce
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(intervista a cura di Cristiana Francioso)